Carissima Presidente,

vorrei ringraziare l’Ordine Professionale degli Infermieri per il sostegno con il quale ci sta accompagnando in questo difficile momento.

Sento il bisogno di esprimere dalla mia modesta posizione di “sanitario della seconda linea” quello che stiamo vivendo nelle strutture del territorio, ovvero dalle Case Residenze Anziani.

Si, proprio così, ci chiamiamo CASE, RESIDENZE, non LUNGODEGENZE, non RSA, non ospedali di comunità, non siamo una “prima linea”, non abbiamo vissuto lo stravolgimento dei reparti ospedalieri, non abbiamo dovuto subire l’emergenza nella misura dei nostri colleghi ospedalieri, ma allo stesso tempo siamo stati chiamati a supportare le strutture ospedaliere.

Abbiamo fatto il lavoro delle “retrovie” ovvero ci siamo attrezzati e impegnati con le nostre forze a ridurre gli invii degli anziani in pronto soccorso per evitare di sovraccaricare una situazione già messa in ginocchio da questa emergenza di dimensioni inimmaginabili fino a poche settimane fa.

Lo abbiamo fatto, assieme ai nostri medici del territorio, con la guida del nostro ente gestore, il Gruppo La Villa, in collaborazione con l’azienda AUSL, con tutto l’impegno e l’abnegazione che la nostra professione ci impone in questo momento.

Abbiamo trasformato anche noi le nostre CASE RESIDENZE in qualche cosa di diverso da quella che è la loro natura, abbiamo chiesto sacrifici ai famigliari e agli anziani: la chiusura degli accessi ai famigliari ha comportato grande sofferenza e incomprensioni alle quale abbiamo dovuto fare fronte.

Abbiamo limitato gli spostamenti degli anziani da un piano all’altro, regolamentato l’accesso alla palestra, sospeso i servizi di volontariato, la tombola, i gruppi di lettura, la messa settimanale per evitare le situazioni di sovraffollamento, il servizio di parrucchiera, l’animazione in gruppo, l’incontro del sabato con i clown di corsia, la mensa comune.

I nostri anziani, abituati alla loro routine giornaliera hanno risentito molto di queste privazioni che riempivano le loro giornate, e oltre a questo abbiamo dovuto privarli anche dei nostri sorrisi nascosti dietro alle mascherine, e dei nostri abbracci e baci che, vi assicuro, erano per loro un nutrimento indispensabile. Abbiamo cercato di colmare il vuoto mantenendoli in contatto il più possibile con i famigliari attraverso telefonate e videochiamate con uso di PC e di tablet.

Tutto questo faticoso lavoro, spesso non compreso, lo abbiamo fatto per proteggere loro, per “tenere fuori dalla porta il virus” perché sapevamo che sarebbe bastato un solo contagio per esporli tutti ad un rischio enorme data la loro fragilità.

Oltre a questo ci siamo preparati, con i nostri pochi mezzi, ad affrontare il peggio: adibito stanze a “zona rossa”, ci siamo formati con corsi on line, riunioni tra di noi in teleconferenza, reperimento non facile dei Dispositivi Protezione Individuale. La nostra direzione, assieme all’ Azienda USL, ci ha sempre fornito le mascherine anche quando erano introvabili.

Nonostante tutto questo, in numerose strutture il virus è entrato, molti medici di base e infermieri si sono ammalati e tanti anziani se ne stanno andando, portati via senza potere vedere per l’ultima volta un figlio, un coniuge, un nipote.

Come è successo negli ospedali, siamo diventati noi quelli che hanno tenuto loro la mano e hanno fatto una carezza nel momento del trapasso. Con un carico emotivo in più però: quelle persone e i loro famigliari non sono per noi sconosciuti, sono i nostri anziani ai quali vogliamo davvero bene.

Forse non vi ho detto nulla di nuovo, ma quello che voglio esprimere in questo momento è la delusione che provo nel vedere la gogna mediatica che si sta scatenando nei confronti delle strutture per anziani: partono le inchieste, le indagini, si cercano colpe, responsabilità e qualcuno da punire.

Ora è vero che noi della seconda linea forse non abbiamo i titoli per essere chiamati “eroi, angeli, missionari….”, non abbiamo chi viene davanti ai nostri cancelli a fare flash mob, ad applaudirci o a fare suonare sirene che comunque non vorremmo per non spaventare i nostri anziani, ma vi assicuro che abbiamo lavorato con la stessa responsabilità, con la stessa fatica e con lo stesso coraggio e dedizione nel rispetto dei valori della nostra professione.

Vi assicuro che la mia considerazione non è dettata da bassi sentimenti di rivalsa, non abbiamo bisogno di riconoscimenti appariscenti, la nostra gratificazione la troviamo già nell’ammirare il sorriso di una nostra anziana che riesce a vedere il figlio attraverso un vetro.

Vi chiedo solo di rassicurare l’opinione pubblica che noi continueremo a fare tutto quello che possiamo per combattere questa battaglia al fianco delle famiglie e per proteggere i nostri anziani.

 

Un affettuoso saluto

Gianna Cervi, Coordinatrice infermieristica al Pensionato San Giuseppe di Quattro Castella

 

 

Rassegna Stampa_pubblicazione Gazzetta di Reggio 19/04/2020

0 Comments